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La Messa Solenne
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Il "Polifonico Cittā di Rovigo" sembra offrire l'interessante combinazione di alto livello tecnico e maturitā interpretativa con l'attitudine a scelte artistiche e culturali veramente originali e, perché no, piacevolmente irriverenti.
Ci viene proposta, infatti, una Messa Solenne "collage" virtualmente composta da un altrettanto virtuale compositore mėtteleuropeo (particolarmente longevo) del XIX secolo, in cui convivono tanti affascinanti ti contraddittori (o forse solo complementari) aspetti del romanticismo musicale. Con maggiore freddezza e distacco diciamo che i brani in programma, estrapolati da composizioni di quattro diversi autori, si articolano seguendo le parti di una Messa: dall'introito affidato all'organo, attraverso Kyrie, Gloria e a seguire fino al delicato mottetto del post Cornmunio. Di questo evanescente 'castello musicale' in cui rėnfrancare il nostro spirito, la struttura portante č data dalla "Messa in Re op. 86" del ceco Antoni Dvorāk, autore versatile e attento tanto alle tradizioni popolari quanto agli apporti pių originali della produzione "colta" ( Wagner innanzitutto). Nelle molte composizioni sacre le riminiscenze haendeliane vengono trasfigurate da una incessante sperimentazione timbrica e formale. Guglie svettanti, eleganti trifore (la preghiera Gebet), torrioni possenti (la soliditā formale ed armonica del preludio iniziale e del breve intensissimo "Locus iste"), stupendi affreschi allegorici oC cortigiani (Listz e Mendelssohn, naturalmente) completano l'opera.
Il canto introduttivo "Cantate Domino" diventa allora l'immancabile ponte levatoio, solido e slanciato in una delle pių belle melodie gregoriane.
( Mons. Tarcisio Cola )
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La Messa in re maggiore op. 86 di Antonėn Dvorāk fu scritta nel 1887 per la consacrazione della cappella del castello di Luzany di proprietā dell'architetto Iosef Hlāvka, uno dei fondatori dell'Accademia Ceca delle Scienze e delle Arti. L'opera, perciō, fu inizialmente composta per un insieme vocale di modeste dimensioni, con quattro solisti e l'accompagnamento di un organo. «Č un'opera di fede, di speranza e d'amore», aveva detto lo stesso compositore, che era particolarmente contento di questa messa che, malgrado la sua semplicitā, non č un'opera minore.
Per le sue sei Sonate per organo op. 65, composte tra l'agosto del 1844 e il gennaio dell'anno seguente, Felix Mendelssohn Bartholdy si rifece con una certa libertā ed una accesa sensibilitā romantica ad una forma assai diffusa in Inghilterra giā a partire dai Seicento: il "voluntary", un brano tripartito secondo le schema: Lento-Allegro-Fugato. L'influenza della tradizione luterana č ben presente nella quinta (ma seconda in ordine di composizione) Sonata.
Organista di grande livello, la cui fama usciva dai confini della patria, Anton Bruckner scrisse assai poco per il suo strumento. Poche pagine in cui si assiste alla rinuncia ad ogni tentazione virtuosistica e magniloquente. Tra queste, il breve Praeludium scritto originariamente per armonium nel 1884.
Tre mottetti, rispettivamente di Bruckner, Dvorāk e Mendelssohn, completano un programma di grande fascino e autentico interesse.
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